sabato 26 giugno 2010

Alejandro Jodorowsky


Proposta di lettura di Melissa D.S.
“Il figlio del giovedì nero ” di Alejandro Jodorowsky


Ogni volta che prendo tra le mani un libro di Jodorowsky
non posso fare a meno di domandarmi:
Jodorowsky chi? Il regista ,attore, filosofo,fumettista,cartomante,demistificatore,
ciarlatano o L’ imbroglione sacro?
Incarna la figura dell’Uomo Nuovo” che ha piena coscienza di sé,un artista eclettico,
lo sciamano occidentale che ha recuperato la funzione terapeutica dell’arte tramite
gli atti di PSICOMAGIA.
“Accedere ai problemi significa entrare nella famiglia del soggetto,penetrare l’atmosfera psicologica del suo ambiente,in quanto tutti siamo segnati,contaminati dall’universo
psicomentale dei nostri antenati (PSICOGENEALOGIA).Così molti individui fanno
propria una personalità che non è la loro,nascere in una famiglia è essere
posseduto e questo possesso si trasmette di generazione in generazione.”
Per interrompere questo circolo vizioso, Jodorowsky si serve di atti paradossali,
psicomagici, che attraverso un linguaggio simbolico comunichino direttamente
all’inconscio superando la censura del conscio.
Si tratta di un concetto implicito nel pensiero magico dello sciamanesimo,
che opera tramite riti che parlano ai nostri dei.
Io amo particolarmente Jodorowsky perché, servendosi di tecniche
discutibili e non convenzionali,mostra alla mente nuove prospettive, fa
emergere dal buio ciò che sappiamo già, in fondo il limite dell’uomo è
nel suo essere razionale.

Nasce in Cile da genitori ebrei-russi nel 1929.Allievo di Pachita e Ejo Takata.
Fonda nel 1962 il Movimento Panico insieme a Fernando Arrabal e Roland Topor.
Tra i suoi film: El Topo,La Montagna Sacra,Santa Sangre.
Tra i suoi libri: Quando Teresa si arrabbiò con Dio,Psicomagia- una terapia panica,
I Vangeli per guarire, La danza della realtà.

Da “Il figlio del giovedì nero “:

Finché c’era luce mi attaccavo a tutto quello che vedevo e ascoltavo,mi
attaccavo agli odori, alle superfici che nascevano al contatto con la mia
pelle. Queste sensazioni si amalgamavano poco a poco e, al tramonto,
quando le saracinesche dei negozi si abbassavano con una rumorosa
sinfonia,creavano un’enorme sfera che inglobava i confini del mio
corpo. Diventavo i mobili,il pavimento di legno vecchio,il gracchiare
degli avvoltoi,la fragranza del mare,i passi,il muro della Cordigliera,
i gabbiani che entravano come frecce dalle finestre per andarsi a
conficcare nel pane. Essendo tutte le cose,smettevo di essere me stesso
fino a che mia madre scivolava dentro questa sfera caotica e
impersonale. Donna Sara ,lontana e presente,unico cuore delle mie ansie
senza forma,con una voce così dolce che anche ora,a sessant’anni di
distanza,al solo ricordo non posso far altro che piangere,mi cantava la
gioia di consegnarsi alla morte. Per compiacerla chiudevo gli occhi.
Lei,credendomi addormentato,spegneva la candela e se ne andava in fondo
alla casa che si allungava sempre di più fino a trasformarsi in una
barca:la stanza cominciava a ballare un valzer e il mare si inghiottiva
le lenzuola,i tappeti,le tende,le pareti,il cielo,le stelle,la Terra
intera. E io solo,sordo e cieco,man mano che la sfera spariva rimanevo
rinchiuso nella cella della mia coscienza. L’oscurità si portava via
tutto e nel suo nero ventre tutto diventava un nemico. Quella tarantola
gigantesca mi spingeva in un angolo,mi faceva rincattucciare,mi
paralizzava,mi trasformava nell’urlo:
-Mamma….!
Lei arrivava correndo, mi prendeva in braccio,mi faceva affondare tra i suoi seni,che avevano la fragranza dell’erba appena tagliata.
Continuavo a tremare tra rigagnoli di sudore,il mio cuore da colomba arrivava sul punto di scoppiare:
-E’ venuto il buio,mamma,è qui,pieno ma non sazio,ora vuole
divorare noi due!
-Figlio mio.Ti amo?
-Si,mamma.
-Quanto?
-Dal cielo alla terra!
-Bambino mio,chi ti ama non sono io:l’amore non è mio,viene
dal Creatore,io lo trasmetto soltanto. E siccome lui ha creato tutto,
ama tutti e tutto e trasmette ad ogni istante la totalità del suo Amore.
Alejandrito,il buio ti ama come ti amo io,perché è l’ombra dell’
Amante assoluto-prese una scatola di lucido da scarpe e mi coprì il
corpo con la pasta nera-Vedi? Ora ne fai parte,l’ombra è il tuo regno.
Se sei un cacciatore ti devi travestire per prendere la tua preda,che è
una vittima soltanto perché la paura la separa dall’Amore. Forza ,
cacciatore,gira per la casa nascosto nelle tenebre e appostati!
Giocherò ad aver paura. Segui la mia pista,in silenzio,fino a che
all’improvviso non mi sorprenderai e mi catturerai.
Così feci. All’inizio andavo a tentoni. Poi i miei occhi si abituarono e cominciai a vedere gli oggetti trasformati in amabili ombre,rovistai il fondo degli armadi,
il ventre della tavola,le spalle dei mobili,il muso degli angoli.
Donna Sara si spostava a piedi nudi,ma l’oscurità,trasformata nel mio corpo,
mi trasmetteva i suoi passi. Assaporai il suo finto terrore fino a che ,
non potendo più resistere,la scaraventai al suolo e la baciai
macchiandole la faccia bianca col mio lucido da scarpe.
Così anche lei si dissolse nel buio e mai più ebbi paura della notte.

2 commenti:

  1. grazie Melissa, è un brano molto bello

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  2. Oltre ad essere un brano molto poetico,secondo me rappresenta un proto-atto psicomagico che poi Alejandro avrà modo di sviluppare e affinare nel corso della sua vita.Nella prossima proposta ti invierò dei resoconti di tali atti che sembrano assurdi perchè seguono una "logica" opposta alla psicologia freudiana della sublimazione.Per la psicomagia i desideri e le pulsioni non vanno appunto sublimati,il che porterrebbe a frustrazione,ma realizzati metaforicamente.

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