mercoledì 31 marzo 2004

Una stella incoronata di buio. Storia di una strage impunita di Benedetta Tobagi



28 maggio 1974: quella mattina a Brescia otto persone escono di casa per partecipare ad una manifestazione antifascista. E’ stata organizzata dai partiti e dai sindacati del “Comitato unitario permanente antifascista cittadino”e si svolgerà in piazza della Loggia alle dieci.
La cesoia irragionevole della morte lascerà le loro vite per sempre in quella piazza dove quella mattina avevano portato le loro speranze, la determinazione del loro impegno politico e sociale, le loro giovani intelligenze...un patrimonio di tutta la città, di tutto il nostro paese.
Perchè una manifestazione antifascista?
Chi è nato alla fine degli anni 70 e oltre non lo sa probabilmente. L'antifascismo non era il retaggio di un'altra epoca. Nel 74 c'era un’Italia di nostalgici e di anticomunisti irrazionali per i quali la morte di "un po' " di persone innocenti non era poi così importante se lo scopo era conservare gerarchie e privilegi, tenere ben saldamente in mano il potere, ridurre all'impotenza quegli studenti e operai che allora reclamavano con durezza, nelle piazze di tutto il paese, diritti e giustizia sociale.
Benedetta Tobagi  vuole riportare tutti noi in quel tempo e dentro quegli eventi che lo
segnarono così crudelmente: noi più vecchi che già c'eravamo stati e già avevamo visto in tv le immagini della piazza devastata e sentito dentro la rabbia per quelle vite e per quella violenza; e anche chi non c'era, chi non può  rivolgere a quel tempo che lo sguardo distratto di chi ha la sensazione di non aver ben capito né spesso trova il modo di saperne di più:  troppo poco per dare un giudizio, troppo poco per farne memoria.
E allora l'autrice sceglie di farci familiarizzare con la vita di quelle vittime lontane,  quasi tutti insegnanti, di svelarci i loro pensieri, il loro impegno sociale, i loro progetti collettivi e, insieme, il senso di un tempo in cui tutto questo aveva un valore che non ha più avuto in seguito.

Ma  va anche ben oltre. Non cerca solo l'umana pietà per le vittime, il suo è lo sguardo di una storica per la quale indagare e conoscere, conservare la memoria e le ragioni del tempo passato costituiscono le  uniche chiavi di accesso ad un presente che rischia altrimenti di diventare indecifrabile.
La sua ricerca è puntuale e completa ricostruzione documentale dei processi, ascolto dei testimoni, indagine sul contesto in cui agirono i probabili colpevoli (mai individuati con la certezza di un processo e mai ridotti alla giusta pena),  e messa in gioco, anche, dei propri sentimenti più profondi e privati: qualche anno più tardi anche lei sarà colpita dal lutto incomprensibile dell'omicidio politico nella persona di suo padre, il giornalista Walter Tobagi.
Lei non ha vissuto in prima persona il "tempo delle bombe": eppure per me, che invece l'ho vissuto,  le sue parole sono riuscite nell'intento di  riconsegnarmelo nella pienezza del suo significato, squarciando la foschia dietro la quale volontà rimaste sconosciute ai più, hanno celato i contorni inquietanti degli eventi più drammatici del nostro passato nazionale.

di Rosini Maria Teresa 

           
 Poi un altro uomo. Lui, però, ci guarda.
Inginocchiato, sorregge la testa di una donna, il volto bianco, lo zigomo disegnato dalla magrezza, gli occhi chiusi: una principessa addormentata in mezzo alla devastazione. Con immensa delicatezza la sostiene, o forse la sta deponendo a terra. Il braccio sinistro è proteso a stringere un legame con la folla senza volto dei compagni, raccolta intorno a lui. Si chiama Manlio, ha trentasei anni. Tiene fra le braccia per l'ultima volta sua moglie, Livia. Stava fendendo la folla dei manifestanti per raggiungerla quando la bomba esplode.
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Manlio e Livia si affrettano nella ressa di piazza Loggia tenendosi per mano, mentre Castrezzati si infervora sempre più. Hanno individuato gli amici, posizionati al coperto nei pressi della fontanella, davanti alla colonna col cestino dei rifiuti. Alberto alto, il bel sorriso aperto, il braccio attorno alle spalle di Clem. Mentre camminano verso di loro, un compagno blocca Manlio per chiedergli qualcosa. Lascia la mano
di Livia. - Vai avanti, ti raggiungo tra un attimo, - dice. La testa di lei, piccolina, si perde tra gli ombrelli. «Oggi ancora si insiste su questa strada profittando
dell'inesperienza, ed è così che i mandanti, i finanziatori dell'eversione possono seminare distruzione e morte senza scoprirsi, possono camuffare le loro trame con tinte diverse da quella nera, come è avvenuto per l'attentato di piazza Fontana».
E basta spettegolare, non riesco nemmeno a sentire il Franco! lo mi sposto, eh, Alberto muove un paio di passi fuori dal portico sfottendo le ragazze. - Meglio la pioggia di questo pollaio -. Clem gli fa la linguaccia e Lucia lo rincorre con una battuta: - Mica colpa nostra se stai diventando sordo! Brucia, invecchiare, eh? - Livia li raggiunge proprio in quel momento e gioca a sgridarli: - Su, fate un pò i bravi,
almeno oggi -. Bacia Alberto, poi si unisce alle gemelle. - E il Giorgio? - chiede subito, guardandosi intorno. Intende il bambino, non il marito di Lucia. Adora quel piccolino; tutti lo adorano: è l'incarnazione delle loro speranze, una proiezione di futuro. Di solito Alberto e Clem lo portano dappertutto, anche alle manifestazioni, a imparare, a sentire, prima ancora di capirlo, un senso di solidarietà fatto di occhi,
braccia, mani. Arriva dritto allo stomaco, scalda il cuore: nel 1974 sembra ancora che, rimanendo uniti, tutto sia possibile. Ma oggi, tra la pioggia e il freddo, hanno preferito lasciarlo a casa coi nonni, se poi si ammala è un disastro. Quando al crocchio si unisce Giulietta, tornata da poco dal congresso nazionale (è ancora furibonda, a Roma gli alti papaveri avevano già deciso tutto, altro che delegati), praticamente c'è tutto il direttivao della Cgil-scuola. Si mettono a parlare fitto con Beppe Paderno dell' Atb e Pedroni e Maccarini dell'Om. Dopo la manifestazione devono andare tutti insieme dal Provveditore agli studi per presentare un progetto sviluppato dal sindacato insegnanti in collaborazione coi metalmeccanici, per dare i libri di testo gratis ai figli degli operai. Contro le «trame nere» si può solo scendere in piazza, mentre il progetto dei buoni-libro per le medie è cosa quasi fatta. Grande
e piccolo, insieme, sempre. Livia ne ha discusso a lungo con Clem  e Alberto, la sera prima, durante la cena a casa di Piero Bontempi, amico e segretario del loro indacato. Si erano salutati dandosi appuntamento sotto la Torre dell'Orologio per l'indomani. Prima di andare dal  Piero, Livia e Manlio si erano fermati un momento dalla mamma di lei, che abita al piano di sopra, perché la sapevano un po' in apprensione, «non temete che domani possa succedere qualcosa?» ma loro l'avevano tranquillizzata. Figurarsi! Nella loro piazza, casa comune, non può succedere nulla di male.
La voce di Castrezzati si trasforma in un ruggito:
«La nostra Costituzione, voi lo sapete, vieta la riorganizzazione sotto qualsiasi forma del disciolto Partito fascista. Eppure il Movimento sociale italiano vive e vegeta. Almirante, che con i suoi lugubri proclami in difesa degli ideali nefasti della Repubblica sociale italiana ordiva fucilazioni e spietate repressioni, oggi ha la possibilità di mostrarsi sui teleschermi come capo di un partito che è difficile collocare nell'arco antifascista e perciò costituzionale».
Manlio si è liberato. Alza gli occhi, vede il suo gruppetto, Alberto si è spostato avanti, Clem copre appena Lucia. Piero. Giulietta. Livia. Incrocia lo sguardo della moglie mentre Castrezzati prende un respiro e dopo una pausa drammatica, riprende
«A Milano ... »
Occhi negli occhi, lei gli fa un cenno con la mano.
Proprio allora, la bomba esplode. 



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