proposta di lettura di Pier
“Mandami
tanta vita” … finalmente, un libro che ha a che fare con la
letteratura! Uno di quei libri che appena lo hai finito di
leggere ti lascia l’amarezza di averlo divorato con troppa fretta, e
vorresti averlo assaporato meglio, con più calma, anzi, vorresti non averlo mai
letto per poterlo scoprire di nuovo.
E
dopo tanta spazzatura, finalmente uno scrittore vero. Uno che ha
classe da vendere.
Basta
leggere la prima pagina per rimanere intrappolati nella magia di uno stile
raffinatissimo, leggero, mai ridondante. Basta una pagina per essere
proiettati nell’austera e sabauda Torino del ventennio fascista, per
riuscire ad assaporare il clima dell’epoca, vederne le strade e le piazze,
sentir respirare gli italiani di allora.
Attraverso
la scrittura romanzata della vita breve e intensa di Piero
Gobetti, al di là della riscoperta di questo personaggio
straordinario, all’autore è riuscita l’incredibile impresa di
scrivere in poche pagine un autentico trattato sulla giovinezza, di
determinare con estrema precisione i poli estremi tra i quali si
agitano e oscillano tutte le “giovinezze” di questa terra: tra
l’eternamente insicuro Moraldo - vago incerto incompiuto supponente
inconcludente - e il determinato Piero - brillante
audace intelligente fino alla presunzione - possiamo ritrovare la nostra
giovinezza, le nostre certezze e le nostre paure di allora, le
speranze, i desideri, le vittorie e le sconfitte, e rispecchiarci
in essa.
Insomma, Fil , non ti
perdonerò mai per avermi costretto ai primi di dicembre ad assistere alla
presentazione ………………………………….., ma poi a Natale mi hai regalato “Mandami tanta
vita”: come posso non ringraziarti? Ti auguro lunga vita
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proposta di lettura di Eleonora
La storia si sviluppa a Torino in una manciata
di giorni del lontano Febbraio del 1926.
Di
Paolo ci regala un romanzo sugli ultimi giorni di vita di un personaggio
preziosissimo di cui abbiamo perso memoria
Gobetti
dovrebbe essere conosciuto,preso ad esempio, studiato, nel carattere,
nell’operato, nello straordinario seppur breve contributo letterario e
politico.
Eppure
nessuno, o quasi, conosce Piero Gobetti questo giovanissimo ragazzo, dotato di
un intelletto decisamente fuori dal comune, primo editore di Eugenio Montale.
Sarà
che in questa nostra Italia non c’è spazio per lo spessore morale, per la
rettitudine, per la coerenza con le
proprie idee e lo sprezzo per tutto ciò che appiattisce, sarà per queste e
molte altre cose che lo abbiamo dimenticato, accantonato.
Eppure
è esistito, lui come molti altri, fiaccato, brutalizzato dalla mediocrità, dal
becero squadrismo, come ci raccontava la Ginsburg in “Lessico Famigliare”
Di
Paolo lo riporta alla vita attraverso un gioco di specchi, Piero da una parte,
giovane astro affermato, con due riviste e una casa
editrice all’attivo e Moraldo dall’altra. Piero con le sue conoscenze fra le più ambite e rispettabili,
uomo stimato, amato, che con lucidità combatte la deriva autoritaria del
paese e Moraldo, ragazzo quasi
inetto che non sa mai quale posizione
prendere, che idea farsi del mondo.
A
mio parere Moraldo è un personaggio di “servizio”, sviluppato solo allo scopo
di mostrare per antitesi molti lati del personaggio di Piero.
Il
primo è uno studente mediocre e frustrato ,perennemente indeciso, passivo
spettatore della vita in tutti i suoi
aspetti. Scopre di avere scambiato la sua valigia con quella di uno sconosciuto
che si rivela essere una fotografa di cui si invaghisce perdutamente fino al
punto di seguirla a Parigi.
Anche
Piero è partito per Parigi, lasciando a Torino il grande amore, Ada, e il loro
bambino nato da un mese. Nel gelo della città straniera, mosso da una febbrile
ansia di progetti, di libertà, di rivoluzione, Piero si ammala e muore lontano
da Ada a cui rivolgerà le parole più tenere che si potessero concepire.
“Adesso
che l’impiegato batte forte il timbro sull’affrancatura, vorrebbe dirgli Mi
scusi, devo fermarla, avrei una frase da aggiungere, è una frase che mi è
tornata in mente adesso, l’ho scritta una volta sola, è passato qualche anno,
ma l’ho pensata spesso, l’ho pensata sempre, era per la mia fidanzata, che
adesso è mia moglie e la madre di mio figlio, se ricordo bene diceva così: Una
lettera di Didì è la vita sai? Quindi mandami tanta vita”
Questo
libro è innanzitutto emozionante,travolgente e di una tenerezza disarmante,
un eterno rincorrersi, una tensione
verso il futuro e l’ansia di fare, di conoscere, tutto si cristallizza nelle emozioni di base
che guidano ogni essere umano, senza eccezioni, con tutte le nostre protezioni.
Anche il cinico e freddo Piero si abbandona al pensiero di Ada, e Moraldo per
amore compie azioni che stravolgono il senso della sua natura.
“C’erano
momenti in cui lui crollava. Allora la cercava con uno slancio diverso, come
una sponda per non affogare…Il nome Ada lampeggiava nella stanza come quando gli sembrava di
leggerlo nell’insegna dei negozi, nei cartelloni, nelle strade, breve,
Sconfinato. ADA”
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proposta di lettura di Alceo
Paolo di Paolo con questo suo libro ispirato alla vita di
Gobetti è riuscito laddove altri avrebbero ceduto a vene sentimentalistiche,
commemoratorie o ad inopportune forzature agiografiche sulla storia di
un'eminente personalità intellettuale del primo Novecento. Raccogliere
un'intera esistenza, seppur ricca e complessa come quella di Gobetti, in una
finzione letteraria che chiedeva di rivisitarne e talora interrogarne le linee
di tendenza essenziali, senza cadere nello scontato dato biografico, non è cosa
di poco conto.
Riuscire a coniugare, come successo a Di Paolo, in un' amalgama convincente e pienamente coeso, la ferrea documentazione di base - testimonianze, lettere, riviste, insomma tutto l'armamentario delle fonti dell'epoca - con una brillante invenzione creativa, che si nutre di buone letture, in uno stile immediato e cristallino, è un ulteriore merito da ascrivere alla precoce fervida sensibilità dell'autore.
Avere messo un gigante del pensiero contemporaneo, come Gobetti - per l'arguzia e la forza delle idee, l'intrepida e vasta intelligenza critica e del cuore - in un romanzo portato a tutti, in modo da fare uscire il pensatore torinese dal museo delle speculazioni critiche, che lo tenevano imbalzamato da tempo, per rendercelo nella sua drammatica consistenza umana, è stata la grande, previdente intuizione del romanzo. Che durerà.
Riuscire a coniugare, come successo a Di Paolo, in un' amalgama convincente e pienamente coeso, la ferrea documentazione di base - testimonianze, lettere, riviste, insomma tutto l'armamentario delle fonti dell'epoca - con una brillante invenzione creativa, che si nutre di buone letture, in uno stile immediato e cristallino, è un ulteriore merito da ascrivere alla precoce fervida sensibilità dell'autore.
Avere messo un gigante del pensiero contemporaneo, come Gobetti - per l'arguzia e la forza delle idee, l'intrepida e vasta intelligenza critica e del cuore - in un romanzo portato a tutti, in modo da fare uscire il pensatore torinese dal museo delle speculazioni critiche, che lo tenevano imbalzamato da tempo, per rendercelo nella sua drammatica consistenza umana, è stata la grande, previdente intuizione del romanzo. Che durerà.
Figura di esule
Occhi aguzzi dietro piccoli occhi tersi,
schermo rarefatto di uno spirito "insonne"
su grandi ideali slanciato.
Il corpo una carapace compressa
tra gli affanni, ben presto dimenticato,
dietro la cocente promessa
di una libertà da riconquistare.
Cuore indomito di leone,
metallo splendente di intelligenza
sul limitare della luce del mondo,
ormai sfiancata da brume distese
nel fermo inverno dell'ideologia.
schermo rarefatto di uno spirito "insonne"
su grandi ideali slanciato.
Il corpo una carapace compressa
tra gli affanni, ben presto dimenticato,
dietro la cocente promessa
di una libertà da riconquistare.
Cuore indomito di leone,
metallo splendente di intelligenza
sul limitare della luce del mondo,
ormai sfiancata da brume distese
nel fermo inverno dell'ideologia.
( Alceo )
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