giovedì 4 marzo 2004

Mandami tanta vita di Paolo Di Paolo



proposta di lettura di  Pier

 “Mandami tanta vita” … finalmente, un libro che ha a che fare con la letteratura!  Uno di quei libri che appena lo hai finito di leggere ti lascia l’amarezza di averlo divorato con troppa fretta, e vorresti averlo assaporato meglio, con più calma, anzi, vorresti non averlo mai letto per poterlo scoprire di nuovo.
E dopo tanta spazzatura, finalmente uno scrittore vero. Uno che ha classe da vendere.
Basta leggere la prima pagina per rimanere intrappolati nella magia di uno stile raffinatissimo, leggero, mai ridondante. Basta una pagina per essere proiettati nell’austera e sabauda Torino del ventennio fascista, per riuscire ad assaporare il clima dell’epoca, vederne le strade e le piazze, sentir respirare gli italiani di allora.
Attraverso la scrittura romanzata della vita breve e intensa di Piero Gobetti, al di là della riscoperta di questo personaggio straordinario, all’autore è riuscita l’incredibile impresa di scrivere in poche pagine un autentico trattato sulla giovinezza, di determinare con estrema precisione i poli estremi  tra i quali si agitano e oscillano tutte le “giovinezze” di questa terra: tra l’eternamente insicuro Moraldo - vago incerto incompiuto supponente inconcludente - e il determinato  Piero - brillante audace intelligente fino alla presunzione - possiamo ritrovare la nostra giovinezza, le nostre certezze e le nostre paure di allora, le speranze, i desideri,  le vittorie e le sconfitte, e rispecchiarci in essa.

Insomma, Fil , non ti perdonerò mai per avermi costretto ai primi di dicembre ad assistere alla presentazione ………………………………….., ma poi a Natale mi hai regalato “Mandami tanta vita”: come posso non ringraziarti? Ti auguro lunga vita

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proposta di lettura di Eleonora 

La storia si sviluppa a Torino in una manciata di giorni del lontano Febbraio del 1926. 
Di Paolo ci regala un romanzo sugli ultimi giorni di  vita di un personaggio
preziosissimo di cui abbiamo perso memoria   
Gobetti dovrebbe essere conosciuto,preso ad esempio, studiato, nel carattere, nell’operato, nello straordinario seppur breve contributo letterario e politico.
Eppure nessuno, o quasi, conosce Piero Gobetti questo giovanissimo ragazzo, dotato di un intelletto decisamente fuori dal comune, primo editore di Eugenio Montale.
Sarà che in questa nostra Italia non c’è spazio per lo spessore morale, per la rettitudine, per  la coerenza con le proprie idee e lo sprezzo per tutto ciò che appiattisce, sarà per queste e molte altre cose che  lo abbiamo  dimenticato, accantonato.
Eppure è esistito, lui come molti altri, fiaccato, brutalizzato dalla mediocrità, dal becero squadrismo, come ci raccontava la Ginsburg in “Lessico Famigliare”
Di Paolo lo riporta alla vita attraverso un gioco di specchi, Piero da una parte, giovane  astro  affermato, con due riviste e una casa editrice all’attivo e Moraldo dall’altra. Piero con le sue  conoscenze fra le più ambite e rispettabili, uomo stimato, amato, che con lucidità combatte la deriva autoritaria del paese  e Moraldo, ragazzo quasi inetto  che non sa mai quale posizione prendere, che idea farsi del mondo.

A mio parere Moraldo è un personaggio di “servizio”, sviluppato solo allo scopo di mostrare per antitesi molti lati del personaggio di Piero.
Il primo è uno studente mediocre e frustrato ,perennemente indeciso, passivo spettatore della vita  in tutti i suoi aspetti. Scopre di avere scambiato la sua valigia con quella di uno sconosciuto che si rivela essere una fotografa di cui si invaghisce perdutamente fino al punto di seguirla a Parigi.

Anche Piero è partito per Parigi, lasciando a Torino il grande amore, Ada, e il loro bambino nato da un mese. Nel gelo della città straniera, mosso da una febbrile ansia di progetti, di libertà, di rivoluzione, Piero si ammala e muore lontano da Ada a cui rivolgerà le parole più tenere che si potessero concepire.

“Adesso che l’impiegato batte forte il timbro sull’affrancatura, vorrebbe dirgli Mi scusi, devo fermarla, avrei una frase da aggiungere, è una frase che mi è tornata in mente adesso, l’ho scritta una volta sola, è passato qualche anno, ma l’ho pensata spesso, l’ho pensata sempre, era per la mia fidanzata, che adesso è mia moglie e la madre di mio figlio, se ricordo bene diceva così: Una lettera di Didì è la vita sai? Quindi mandami tanta vita”

Questo libro è innanzitutto emozionante,travolgente e di una tenerezza disarmante, un  eterno rincorrersi, una tensione verso il futuro e l’ansia di fare, di conoscere,  tutto si cristallizza nelle emozioni di base che guidano ogni essere umano, senza eccezioni, con tutte le nostre protezioni. Anche il cinico e freddo Piero si abbandona al pensiero di Ada, e Moraldo per amore compie azioni che stravolgono il senso della sua natura.

“C’erano momenti in cui lui crollava. Allora la cercava con uno slancio diverso, come una sponda per non affogare…Il nome Ada lampeggiava  nella stanza come quando gli sembrava di leggerlo nell’insegna dei negozi, nei cartelloni, nelle strade, breve, Sconfinato. ADA”    


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proposta di lettura di Alceo



Paolo di Paolo con questo suo libro ispirato alla vita di Gobetti è riuscito laddove altri avrebbero ceduto a vene sentimentalistiche, commemoratorie o ad inopportune forzature agiografiche sulla storia di un'eminente personalità intellettuale del primo Novecento. Raccogliere un'intera esistenza, seppur ricca e complessa come quella di Gobetti, in una finzione letteraria che chiedeva di rivisitarne e talora interrogarne le linee di tendenza essenziali, senza cadere nello scontato dato biografico, non è cosa di poco conto.
Riuscire a coniugare, come successo a Di Paolo, in un' amalgama convincente e pienamente coeso, la ferrea documentazione di base - testimonianze, lettere, riviste, insomma tutto l'armamentario delle fonti dell'epoca - con una brillante invenzione creativa, che si nutre di buone letture, in uno stile immediato e cristallino, è un ulteriore merito da ascrivere alla precoce fervida sensibilità dell'autore.
Avere messo un gigante del pensiero contemporaneo, come Gobetti - per l'arguzia e la forza delle idee, l'intrepida e vasta intelligenza critica e del cuore - in un romanzo portato a tutti, in modo da fare uscire il pensatore torinese dal museo delle speculazioni critiche, che lo tenevano imbalzamato da tempo, per rendercelo nella sua drammatica consistenza umana, è stata la grande, previdente intuizione del romanzo. Che durerà.





Figura di esule

Occhi aguzzi dietro piccoli occhi tersi,
schermo rarefatto di uno spirito "insonne"
su grandi ideali slanciato.
Il corpo una carapace compressa
tra gli affanni, ben presto dimenticato,
dietro la cocente promessa
di una libertà da riconquistare.
Cuore indomito di leone,
metallo splendente di intelligenza
sul limitare della luce del mondo,
ormai sfiancata da brume distese
nel fermo inverno dell'ideologia.
( Alceo )












                                    

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